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Oltre Gli Occhi
Alcuni anni fa ero a San Vigilio di Marebbe. Avevamo preso un piccolo appartamento in un maso fuori dal paese, sulla collina che lo domina. Di fronte a noi c'era un grande prato pieno di erba medica. Da quel maso partivamo per lunghe camminate verso gli alpeggi più a monte e la strada che percorrevamo passava accanto ad altre baite. Spesso, vicino a quella più prossima a noi c'era un contadino che con una falce tagliava con pazienza l'erba del suo pezzo di terra. Poi, con altrettanta pazienza e sempre da solo, con un rastrello faceva grossi mucchi di fieno che legava in grandi balle che poi riponeva nella stalla al di là della strada. Come gran parte di quelli che lavorano all'aperto, portava sul capo un cappello per ripararsi dal caldo sole di luglio. Aveva però anche un paio di occhiali da sole dalle lenti nere, simili a quelli dei Blues Brothers ma ancora più grandi: avvolgenti fin sui lati tipo quelli da ghiacciaio. Lavorava senza incertezze e senza mai fermarsi. Passavano la mattina presto e lui era già al lavoro su quel prato. Rientravamo nel pomeriggio dalle nostre escursioni e lui era ancora lì a legare il fieno da riporre al chiuso della stalla. I suoi movimenti erano precisi, senza incertezze, un inno all'efficenza motoria. Falciava una striscia di prato e non un taglio andava a vuoto. Rastrellava e non uno stelo andava perso. Il segno della profonda esperienza e della perfetta conoscenza di quelle che faceva. Nonostante questo, rimasi ugualmente basito quando mi dissero che era completamente cieco. Gli occhiali che portava, così grandi e coprenti, non servivano a proteggerlo da sole ma a nascondere la vastità della sua invalidità. Quello che non riuscivano a nascondere era però la forza del suo animo.
venerdì 18 novembre 2016