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SCIAMPLI.it FRA MONTI E VALLI COME FRA LE STRADE DELLA VITA
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TRAVEL
come un normale call center
giovedì 14 settembre 2017
E' sabato pomeriggio. Piove leggero, gocce rade, ma fino a qualche ora prima l'ha tirata giù che nemmeno con i secchi. Prima di salire in auto ho controllato le previsioni: in serata è previsto un nuovo acquazzone, per fortuna meno intenso di quello di questa mattina. Sul raccordo anulare il solito traffico dei prefestivi, asfalto ancora bagnato, schizzi d'acqua che lanciati dai pneumatici ricadono oltre le corsie bagnando guard-rail e le altre auto in transito. Il cielo è cupo, come solo riesce a esserlo quando racconta di temporali appena conclusi ma che sono stati solo il presagio di altri. I tergicristalli si muovono monotoni avanti e indietro sul parabrezza finché, fra il grigio del cielo e dell'asfalto, le gocce d'acqua che scivolano sul cristallo, le auto che scorrono ai lati non scorgo qualcosa che non dovrebbe essere lì. Qualcosa. Forse sarebbe meglio dire "qualcuno", che un essere umano continua a esserlo sempre anche quando sembra aver perso qualunque dignità, anche quando diventa solo una macchia grigia che spinge un carrello del supermercato carico delle sue cose lungo la corsia di emergenza della superstrada più trafficata della capitale. Ha appena finito di risalire la rampa dell'uscita 26 del raccordo, la Pontina/Colombo e adesso, spingendo il carrello, sta camminando contromano lungo la corsia d'emergenza. Ha indosso un pastrano lungo al ginocchio, i capelli lunghi che ricadono bagnati sulle spalle e incorniciano un volto segnato dalle mille rughe di una vita al limite. Gli occhi lanciano sguardi furiosi alle auto che gli corrono incontro, che lo riempiono di acqua schizzata dagli pneumatici, che lo evitano di pochi centimetri a ogni passaggio, ostacolo non previsto e imprevedibile su questo tracciato per sole auto. Un uomo che sembra vicino a perdere anche l'unica cosa di cui è rimasto padrone: la sua vita. Impossibile fermarsi, impossibile tornare indietro per fare qualcosa. Eravamo sulla corsia più esterna e dopo i pochi istanti necessari per realizzare quello che potrebbe accadere, siamo già troppo distanti. Le dita scorrono allora sulla display touchscreen del cellulare, compongono il numero delle emergenze, il 113. Vogliamo avvisare di quello che abbiamo visto perché qualcuno possa intervenire. Il telefono squilla e dopo un paio di suoni si inserisce una segreteria che ci dice che la nostra chiamata è stata presa incarico ma che le linee sono momentaneamente occupate. Passano i secondi, passano i minuti e il messaggio si ripete sempre uguale. Procediamo verso la nostra destinazione, usciamo dal raccordo anulare, prendiamo la via del Mare direzione Ostia con l'altoparlante del telefono che continua a ripetere il messaggio registrato. Solo dodici minuti dopo, quasi in dirittura d'arrivo del nostro viaggio, finalmente qualcuno risponde. Raccontiamo quello che abbiamo visto, il pericolo che corre quell'uomo, la possibilità di un incidente. Ci ringraziano ma, ci dicono, erano appena stati avvisati da qualcun altro e un'auto della polizia si stava recando sul posto. Certo che DODICI minuti per avere una risposta da un numero dedicato alle emergenze sembrano essere veramente tanti. Per fortuna che non avevo un infarto, dico, sarei morto prima dell'arrivo dei soccorsi. Rido della battuta, dell'assurdità della situazione di un servizio che procrastina le emergenze mettendoti in attesa come un qualunque call-center. E penso a quell'uomo che fra gli schizzi di pioggia spingeva un carrello contromano sul raccordo.
Sono due mesi che è uscito "L'Incanto dei Passi", il libro di quelli che ho scritto sino a ora a cui più tengo. Racconto di montagne, della magia di viverle, delle emozioni provate, della forza che è possibile ri-trovare in se stessi percorrendole.
Sono felice di questo lavoro in cui ho messo tanto. Eppure ora non posso fare a meno di domandarmi quanto incanto ci sarà stato nella vita e nei passi di quell'uomo dal pastrano sporco indosso. Quanto dolore, quali scelte, obblighi, decisioni lo avranno portato e costretto a trascinare la sua vita lì, nel grigio di una giornata piovosa sul limite di una strada. Ogni giorno che viene in terra ci mette davanti piccole e grandi scelte. Mai ci accorgiamo di quanto la vita stessa sia stata fortunata per noi.