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SCIAMPLI.it FRA MONTI E VALLI COME FRA LE STRADE DELLA VITA
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TRAVEL
Roma. Via dei Sabelli 108
lunedì 21 maggio 2018
Da bambino sono passato spesso per questa porta. Mi era capitato di perdere i sensi un paio di volte, apparentemente senza motivo. Avrò avuto due, tre anni al massimo. Come avrebbe fatto qualunque genitore, i miei si presero angoscia per questo. Dopo qualche visita di routine, varcammo così la soglia del servizio di neuropsichiatria infantile. Le visite consistevano in una fase che riguardava mio padre e mia madre, domande su di me come se non fossi presente. Il che già mi faceva pensar male di quei tizi in camice bianco che sembravano considerarmi poco più di un posacenere o di un ombrello. Veniva poi il mio turno, con una serie di domande che anche a me bambino sembravano idiote. Quindi mi portavano in una stanza piena di giochi stretta e lunga, con uno scaffale colmo di bambole, trenini, pistole da cowboy, pezzi del meccano. Un vero regno dei balocchi. Non dicevano nulla. Mi piazzavano in quella stanza da solo e poi uscivano. Non capivo cosa si aspettassero da me, come non capivo perché stessero a vedere quello che facevo da uno vetro in alto che dal mio lato era invece uno specchio. Avevo capito la cosa perché la visita di poco prima si era svolta in una stanza con una specie di finestra che dava sulla stanza dei giochi dove ero. Gli adulti credono spesso che i bambini siano solo degli sciocchi come loro solo più bassi.
Quando però decidevo di provare a giocare con tutto quel ben di Dio che avevo intorno, immancabilmente mi venivano a prendere e mi portavano in un'altra stanza. Mi dicevano che andavamo a giocare agli astronauti e la cosa mi intrigava alquanto, nonostante sapessi che, in fin dei conti, non dovevano far altro che appiccicarmi dei fili in testa per provare a registrare quello che succedeva dentro. La rottura di scatole era che poi sempre pretendevano che mi addormentassi per eseguire le stesse misurazioni durante il sonno. Mai fatto neanche da bambino il "riposino". Così iniziava una strenua battaglia fra i medici, che ogni tanto si affacciavano alla porta per vedere se mi fossi infine addormentato, e il sottoscritto che invece di dormire non ne aveva proprio voglia. Vincevo sempre io: loro si arrendevano e si facevano andare bene il solo elettroencefalogramma già registrato. Le visite, le analisi e tutto il resto non portarono comunque ad alcun risultato. I neurologi pero' riuscirono a spaventare i miei genitori con il baubau dell'epilessia (allora ancora malattia da temere) e, a scanso di equivoci e per scongiurare sviluppi che probabilmente non ci sarebbero mai stati, mi imbottirono per una decina di anni di medicine. Passando oggi qui davanti non ho resistito a scattare una foto. Per me era ed è rimasto il posto dove i bambini fanno i test per diventare da grandi astronauti: diventarlo non ci sono riuscito, ma quel sogno è rimasto sempre comunque dentro di me. E almeno di questo devo essere grato a quei medici. Incastrare nell'anima di un bambino il seme dell'esplorazione e dell'avventura non è poi cosa da disprezzare.