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Vagabondando sulla rete, ho ritrovato questo articolo che avevo scritto qualche anno fa. L’ho riletto per la prima volta da allora e, sembrandomi ancora fresco e capace di trasmettere qualche emozione, ho pensato di ripubblicarlo sul mio sito. Qui di seguito le righe dove provo a raccontare la magia della quasi sconosciuta Val di Plan a 30 km da Merano, nel Parco Naturale del Gruppo del Tessa e della Val Venosta.
La giornata era scivolata oramai dietro le spalle e il lungo vallone da cui eravamo scesi, con larghe curve, era terminato a ridosso di uno sparuto gruppo di baite. Da qui avevamo scelto di perdere quota con un lungo traverso in mezzo al bosco, seguendo un viottolo appena tracciato fra il folto degli alberi che, con i suoi dossi e le sue repentine svolte, ci aveva portato in breve alla frazione di Lazins. Eravamo usciti dal bosco uno alla volta, saltando l’ultimo breve rilievo, fino quasi a cadere sulla pista per lo sci di fondo tracciata nel mezzo dell’alta valle di Plan. Poi, erano bastate poche spinte sui bastoncini per risalire il ponte sul torrente e fermarsi sul piazzale davanti le quattro baite.
Un ragazzo dagli occhi azzurri ci aveva guardato per qualche attimo, prima di salutarci con un cenno del capo e di tornare al suo lavoro: con un piccone stava rompendo la lastra di ghiaccio che per tutto l’inverno aveva ricoperto l'impiantito esterno in legno della più grande delle baite, per permettere più velocemente al sole dei giorni a venire di squagliare la neve che ancora riempiva gli interstizi fra asse e asse. Sulle tavole portate alla luce un leggero strato di acqua rifletteva gli ultimi raggi rosa di questa giornata di scialpinismo.
Con uno scatto avevamo sganciato i blocchi sui talloni e la molla degli attacchi da telemark era caduta sugli sci, liberando così gli scarponi. Era stato allora che ci eravamo accorti del vecchio seduto sulla panca fuori dalla baita. Aveva la pella color del rame, cotta dal sole, e piccole rughe bianche ai lati degli occhi tessevano una lieve ragnatela intorno a pupille di un azzurro glaciale. Sulla testa portava un berretto di feltro dai bordi consunti e dal cordoncino che girava sopra la falda usciva il moncone spuntato di una vecchia piuma di gallo cedrone. Sulle gambe teneva un bambino di meno di una anno che aveva battutto le mani e mugolato ridendo nel momento in cui ci aveva visto. Il ragazzo con il piccone in mano aveva interrotto allora il suo lavoro e si era asciugato la fronte. Avevamo lasciato gli sci vicino ai gradini in pietra della prima baita e ci eravamo avvicinati a uno dei tavoli di legno posti vicino all’ingresso.
“Possiamo ordinare qualcosa?” avevamo chiesto e parlando, il sottile strato di sale mischiato con il sudore che ci copriva il viso, aveva lasciato sulle labbra un sapore che era l’invito per una birra fresca.
Ci aveva servito una ragazza robusta, dai capelli castani e le guance piene e rosate che facevano venire in mente quelle del bambino in braccio al vecchio. La ragazza indossava un paio di jeans e una felpa blu che raccontava di seni ancora pieni di latte. Poi, mentre la birra scendeva gelata giù per la gola, il tempo si era come rallentato.
Persino le gocce d’acqua che cadevano dalla gronda di rame del tetto, neve fusa dal sole della primavera, sembravano arrivare sul paiolato di legno più lentamente. Era stato bello allora provare a tenere gli occhi socchiusi dietro gli occhiali dalle lenti scure, con le labbra serrate per non far scappare nemmeno la più piccola molecola di quel fresco che completava la gioia di aver riempito una giornata nel migliore dei modi.
Per chi volesse saperne di più:
A 30 km da Merano, nel Parco Naturale del Gruppo Tessa e delle Alpi Venosta, si trova la Valle di Plan, valle laterale del Val Passiria. Il piccolo paese, omonimo della valle, è uno di quei luoghi che, nel bene e nel male, conserva il fascino delle stazioni invernali del tempo andato. L’atmosfera che si respira verrebbe facilmente circoscritta da molti come “provinciale” e chi cerca negozi alla moda, caroselli di piste, battute come fossero biliardi, una vita notturna frenetica, farebbe bene dall’astenersi al frequentare questi luoghi. La scelta fatta dai residenti non è stata quella di inseguire le tendenza di località più alla moda, ma piuttosto quella di ritagliarsi un modo di vivere la montagna, forse controtendenza, ma sicuramente affascinante. Il piccolo impianto principale conduce ad esempio a un plateau non vasto ma con la possibilità, se si ha la fortuna di capitare qui dopo una nevicata, di gustare dei stupendi fuoripista ripidi nel bosco. Incredibilmente infatti, il luogo ricorda per molti versi più una stazione canadese che una delle nostre Alpi.
Una bella pista da fondo, abbastanza tecnica, si snoda lungo il fondovalle e insieme alla possibilità di interessanti gite di scialpinismo completa il quadro di questa valle, piccola ma dal fascino intenso. Per altre informazioni sulla valle di Plan http://www.pfelders.info/start_sommer_it.htm dove si potranno trovare tutte le indicazioni utili. Per l’alloggio non ci sono problemi di sorta: molte sono le soluzioni che possono essere trovate. In particolare la nostra permanenza è stata resa più confortevole dai buoni pasti e dalle comode stanze dell’Hotel Phöl.