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ALBERTO SCIAMPLICOTTI
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GIOCHI DI SCRITTURA E MONTAGNE

Alberto Graia


LITTLE WALL

Non ricordo mai quanto pesa lo zaino, pieno di tutto quello che serve a pulire una parete, il sentiero ripido mi porta sul bordo della parete e come in un rituale inizio a ripetere i soliti gesti, preparo la calata, appendo all’imbraco tutto quello che serve, forbice da poto, seghetto, spazzola, martello, è più la storia di un giardiniere, ma i giardini qui sono verticali, tolgo le erbacce, tiro giù i massi troppo pericolosi, taglio qualche ramo cercando di non essere troppo invasivo e le ore passano senza pesare, c’è una malinconica bellezza, quando ancora attaccato alla parete, il sole inizia a tramontare, e mi sento vivo.
Il lavoro, prima e dopo, quando studi le line che hai solo immaginato, quando ritornando quasi al buio, con le gambe che ti fanno male, e maledici il ginocchio che non funziona più, è tutto questo che da un senso a quello che si fa su una parete, tutti questi tasselli che portano a creare un Little Wall, un Piccolo Muro.


Quello scoglio esiste da milioni di anni, è sempre stato li, e io piccola molecola, un nanosecondo nella vita del Monte Soratte, sono passato di li tante di quelle volte da non ricordarmi più.


Le cose le vedi per un motivo fatto di esigenze, di storie che vivi in quel momento, perchè stai cercando, e allora non guardi più, ma vedi, e nasce un’idea, e nasce la voglia di realizzarla, diventa un pensiero fisso, rubi ore al quotidiano vivere, passano cosi i giorni e pian piano nascono line, ma fin dall’inizio nella mia testa mi ero imposto delle regole, passare solo e solamente con protezioni veloci, Nuts, Micronuts e Friends, nessuna catena, nessun chiodo, accettare una roccia spesso non proprio ottimale, e la possibilità di cadute fino a terra.


Guardo quel Piccolo Muro, è arrivato il momento di salirle quelle line solo immaginate, salgo lentamente, arrampicare con questo stile vuole lentezza, mentalmente anticipo il passaggio, metto qualche protezione, cercando di capire dove potrei cadere, ora il mondo è fatto di soli quattro metri sopra di me, poi è di nuovo orizzontale, è un viaggio piccolo, all’interno di un “Piccolo Muro”, ora il passaggio più difficile, quei pochi metri che mi separano dall’uscita hanno un codice fatto da un buco per due dita e un altro poco più grande, poi sono sopra, come altre volte quando la concentrazione è alta passo come in trance quasi senza accorgermene, ma tutto diventa di nuovo vivido quando finalmente mi aggrappo a quella “ronchia”, in cima non c’è la catena ad aspettarmi, e faccio quello che tempo fa era normale, una sosta, recupero il mio amico, sistemo la corda, chiudo la zaino, e si ritorna a casa in silenzio, con pochi metri verticali in più sulle spalle e dentro un poco più felice, mi giro un’ultima volta per salutare il vento leggero che preannuncia la sera, e con lui il giorno che ho passato su questa roccia, solo un nanosecondo nella vita di questa parete.

Poi ho bisogno di altri sogni.


Little Wall, opposto di Big Wall che richiama immediatamente alle grandi pareti dello Yosemite, cosa c’è che può accomunare una piccola parete di calcare sul Monte Soratte, e le immense pareti granitiche della California, nulla, solo una idea, uno stile, un piccolo sogno, come piccola è quella parete.


L’indigestione di spit, che ho fatto, in questi ultimi anni, mi hanno fatto desiderare di confrontarmi con una linea solo immaginata, non segnata da passaggi obbligati da luccicanti placchette, di vedere se avevo ancora la voglia di rischiare, un poco di più di un passaggio di due metri tra uno spit e un altro.


Uno stile Britannico, e le pareti inglesi, spesso non sono molto più alte di “Little Wall” e questo è l’idea che accomuna la “Piccola Parete “ con le “Grandi Pareti”, bè!! non ridete, lo so lo so, con le dovute proporzioni, ma una parete di roccia, grande o piccola, per noi arrampicatori vive di una idea, di un sogno, di linee che immagini di percorrere e di uno stile.

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