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GIOCHI DI SCRITTURA E MONTAGNE

Loretta Spaccatrosi


BIVACCANDO CON VITO

Silenzio assoluto. Mentre guido lancio un'occhiata veloce nella loro direzione cercando di non farmene accorgere. Anche solo a guardarli mi sembra di infrangere la loro intimità ritrovata dopo dieci anni. Sono seduti uno accanto all'altro, Pierluigi è silenzioso, troppo per il suo modo di essere, quasi imbarazzato.... Vito... Vito non lo so, rimane  enigmatico nascosto dietro alla sua facciata impenetrabile come il ferro. Arriviamo al parcheggio dove abbiamo lasciato l'altra macchina. Piero scende e mi dice "No, Vito viene conte, io non ce la faccio, sarei troppo emozionato, non riuscirei a guidare" e se ne va chiudendo lo sportello senza ammettere repliche. 

Ci ritroviamo soli, io e il Vecchiaccio. Mi vengono in mente tutte le storie che Pierluigi ha raccontato sulla sua misoginia e penso che sarà pronto a criticarmi per come guido. Mi sento maledettamente in soggezione. così chiacchiero per ammazzare il tempo, parlo del più e del meno, gli racconto della stanza che gli ho preparato perchè Pierluigi ha deciso che si fermerà a dormire da me. Lui muto, naturalmente, non lascia intendere nè un segno di accordo nè uno di disaccordo. Secondo me è stordito da quest'aria fresca. Dopo dieci anni passato dentro al deposito di Prima Porta ammassato urna contro urna, insieme a ceneri sconosciute, sentirsi libero lo deve aver ubriacato.... La sua stanza non è proprio una stanza. l'idea che da lì a poco andrà a finire sottoterra e non potrà più vedere il cielo mi aveva messo tristezza, e  così anziché una stanza gli avevo preparato un posto da bivacco: sulla mia terrazza avevo aperto un amaca, messo una lampada e delle stuoie. Avremmo bivaccato sotto il cielo per tutte quelle notti che ci separavano dal giorno fissato.  Arrivati a casa mi sembra giusto e doveroso offrirgli un bagno per ripulirsi della polvere accumulata negli anni. Acqua fresca, sapone, spugna, olio di gomito riporto a brillantezza il suo involucro duro e mezzo arrugginito e lo lascio asciugare nel lavandino.

"Maaaaaaaaaaaaa! Mammaaaaaaaaaaaaaaaaaa devo andare al bagno"

Questa condivisione di un suo bisogno fisiologico è strana "Ho capito Andrè, e allora?"

"Il bagno è occupato" mi fa lui, poi silenzio, poi "... c'è Vito gli dici di uscire"

'Azzo me lo ero proprio dimenticato.... scappo su e "lo faccio uscire", lo porto sulla terrazza... Intanto arriva Pierluigi, quattro chiacchiere, un the, poi iniziano i racconti su di loro, poi anche quelli su di me e le mie famose pendolette che secondo Pierluigi avrebbero fatto invidia pure a Vito, tutto questo  parlare di Piero ci fa entrare un po’ in sintonia a me e Vito che da perfetti sconosciuti ci troviamo a dover condividere la stessa casa... Prima di andarsene Pierluigi mi fa "E ti dice bene che sta là dentro e non può allungare le mani se no fossi stata in te mica avrei dormito tranquilla ......." e ride...

 

Le prime notti vanno bene, ma l'ultima, quella prima del giorno della tumulazione mi prende male. ormai mi sono abituata a quella strana presenza a fianco non ce lo vedo proprio chiuso sottoterra per il resto della vita, senza più vento introno senza più odori.... mi giro sull'amaca ma non riesco a prendere sonno, scommetto che neanche lui si è addormentato.... vabbè, mi alzo, mi rivesto, lo prendo, lo infilo nello zaino e esco. arrivo al lago che è notte fonda, ma notte di luna piena, e mi incammino lungo il sentiero tirando fuori Vito dalla borsa.  "Dai Vito, che facciamo scorta di odori prima che ti vai a infilare là sotto per l'eternità". Ho la frontale ma la luna fa più che bene il suo dovere e non c'è bisogno di usare luci artificiali. così è più bello, ci sono anche i giochi delle ombre con cui riempirsi gli occhi e caricare lo zaino per quel suo lungo viaggio. a metà sentiero ci sediamo, c'è una bella radura, non tira un soffio di vento, un buon posto per passare il resto della notte, tiro fuori lo stuoino,  mi allungo e faccio posto a Vito di fianco a me. Non mi viene da dormire, ciò mille cosa da raccontargli, non posso mica perdere tempo a dormire..." in fondo Mariacher lo diceva sempre che tu sei lo sciamano, sei don Juan, vero Vito?" e nel silenzio l'urna risponde con tre suoni distanziati e netti di pietruzze che cadono dall'alto al basso. Mi guardo intorno non c'è nessuno, deve essere stato un gioco della suggestione non può essere Vito che ha parlato, non lo ha mai fatto per tutte queste notti e questi giorni... vero però che non gli avevo neanche mai fatto una domanda.... ascolto ancora, silenzio. Allora ripeto la domanda " Ma stavi rispondendo a me? dicevi che aveva ragione Mariacher quando diceva che tu sei lo sciamano?" e di nuovo tre suoni di pietruzze che rotolano dall'alto in basso dentro l'urna.... sto zitta, immobile impongo ai miei polmoni di non respirare e al mio cuore di non battere ma non ci riesco. l'aria è riempita dal loro rumore assordante, poi piano piano si placano, il respiro riprende il ritmo regolare e il sangue ritorna a scorrere lentamente.... guardo Vito "che cazzo è? uno scherzo? dai parla anche adesso che non ti faccio domande, forza, sto qui ti sto a sentire". Niente, passano i minuti ma  nessun suono, nessun rumore. "Senti Vito non mi puoi fare questi scherzi l'ultima notte, mo’ io ti rifaccio una domanda e tu stai zitto, non mi rispondi così io la smetto di pensare che sto parlando con un urna.... vero Vito? Facciamo così se eri tu che mi rispondevi adesso fai rotolare di nuovo le pietruzze tre volte se no stai zitto" e sto zitta anche io, col cuore in gola in attesa di ascoltare il silenzio.... e invece........... trrrrrrrrrrrrrr..... trrrrrrrrrrrrrrrrrrr...... trrrrrrrrrrrrrrrrrrrr.... pietruzze che rotolano, ancora, per tre volte. ... prendo lo stuoino, prendo vito e inizio a correre inciampando in tutti i sassi del sentiero, arrivo nella macchina che non ho più fiato, la apro e mi chiudo dentro, metto in moto  e arrivo a casa senza mai perdere di vista Vito. Salgo in terrazza lo metto sull'amaca e mi siedo a guardarlo. non chiudo occhio tutto il resto della notte. non lo mollo neanche un attimo per tutto il giorno a venire. Niente, mai più nessun suono.... Tutta la sua vita è stato un miscuglio di fatti strani e misteriosi, l'ultimo giorno della sua presenza tra noi essere umani non poteva certo essere diverso, e se ne va, con la tua borsa di carta e il suo fagotto di sedano e carote avvolto nella carta di giornale lasciando sparpagliate in terra mille domande che non hanno bisogno di cercare risposte

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