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GIOCHI DI SCRITTURA E MONTAGNE

Luigi Cianciusi


UNA VIA NUOVA

Guadato il fiume, che è poco più di un torrente, iniziamo a salire nel sottobosco, che è fitto. Salici e ontani crescono su un tappeto di felci e sono imbrigliati da rampicanti e liane. Tra questi ci districhiamo finché, guadagnando di quota, la vegetazione non diviene più rada, ora costituita da piccole querce e da rovi.

Infine, la parete si scopre.  

L’avevamo notata più volte, dall’autostrada, e oggi che il “meteo” ci ha dissuaso dall'arrampicare in Maiella, dov'eravamo diretti, mettiamo a frutto comunque la brutta giornata andando a vedere più da vicino questa nuova parete che ancora non conosciamo: vediamo un po' se è ospitale, se ci stava aspettando per offrirci una via!

Non una via qualunque, però, non una via da aprire soltanto per superare quel muro, ma proprio la via che la parete saprà proporci, già disegnata nella grande struttura. Vogliamo adeguarci, condividere quella linea senza farle violenza, senza barare.

Poco prima di scendere al fiume e guadarlo eravamo saliti sull’altro versante della gola e da lontano, ma frontalmente, avevamo individuato i settori.  Quello di destra, in particolare, ha un avancorpo oltre il quale belle placche si alternano a diedri. Questi forse consentono l’aggiramento di alcuni strapiombi. E la linea va su in questo modo fino al culmine della parete per almeno setto o otto tiri di corda. Avvicinandoci, adesso vedremo com’è la qualità della roccia e ci faremo un’idea dei problemi.

-o-

Marciamo già da un’oretta e ormai è chiaro che quando verremo a più riprese ad “aprire”, carichi ogni volta di chiodi, martello, trapano, corde, moschettoni e quant’altro, l’avvicinamento sarà faticoso.

“Qui bisogna trovare una grotta”, dice Antonio, “o una nicchia o comunque un riparo dove lasciare l’attrezzatura e nasconderla bene. Mica possiamo sempre portare..."

"...il cammello!", lo interrompe Piero. "Tu porta il cammello e non c'è problema."

Scherziamo spesso sull'argomento, che è correlato con l'età già avanzata di Antonio, e lui sempre sta al gioco, solo fingendo di prendersela.

"Lo vedi?", mi dice, falsamente imbronciato, "Ce l'ha sempre con me!"

E Piero: "Perché? La birra sì e il trapano no? Non lo potremmo caricà sul cammello assieme alla birra?"

"No", dice Antonio, "Il cammello l'ho prestato a Melchiorre!", e chiude il discorso.

Il fatto è che una volta, anni or sono, nel raccontare qualcosa Antonio usò l'espressione “Ai miei tempi…” Piero non perse l'occasione di provocarlo e gli chiese: “Ma che ai tempi tuoi c’erano pure gli antichi Romani?”

Eravamo nei pressi di Tivoli, intenti a trasferire gli zaini dall'auto di Piero alla mia, ed oltre la strada era stanziato un piccolo Circo. Due dromedari pascolavano liberi a poca distanza da noi: dagli antichi Romani e dai dromedari del Circo si passò ai Re Magi e ai loro cammelli, e dato che Antonio allora gestiva una birreria, Pierluigi formulò la domanda: 

“Ma al Bambinello che gli portavi, la mirra o la birra?”

Da allora continuiamo a scherzare sul tema. 


-o-

Quando siamo alle rocce dell’avancorpo iniziano a cadere alcune gocce di pioggia, sicché torniamo indietro e l’esplorazione per il momento è finita. Ma va bene così, torneremo e Pierluigi promette che certamente apriremo quest'altra via nuova.

"Ma quante vie hai aperto?", mi verrebbe da chiedergli. Non lo faccio, perché so che lui non tiene una lista e non s'è mai messo a contarle. Forse, tutte neppure può ricordare, dato che oltre quelle più note, aperte in Gran Sasso ed in Dolomiti, Piero ha inventato tutta una serie di vie in zone pressoché sconosciute agli altri alpinisti, in settori difficili da raggiungere e difficili da individuare, come quello che stiamo frequentando adesso in Maiella, o magari su pareti ben evidenti ma repulsive, aggettanti ed a tratti insicure per la qualità della roccia, come quella che s’erge sul santuario della Trinità, a Vallepietra. Di queste vie si sente parlare, ma solo pochi altri amici sono venuti a ripeterle. Si sa che ci sono ma non si sa dove passano. Si tratta sempre, comunque, di ”vie lunghe”, complesse, assai impegnative. E sono tante, perché Piero apre una via, la ripete una o due volte e poi passa oltre. Ha sempre fatto così e sempre continua a cercarsi un’altra salita.

Ecco, piuttosto gli chiedo: "Ma non ti viene la voglia di fermarti, ogni tanto?"

"In che senso?", risponde, "Nel senso di smettere?"

"Non di smettere, ma di raccogliere quello che hai fatto. Io credo che se tu apri una via e subito dopo la lasci per aprirne una nuova, della prima ti resti ben poco. Certo, te la ricordi, ma secondo me non hai il tempo di digerirla, di prenderne consapevolezza. E’ così un po’ con tutto, d'altronde, mica solo su roccia! Nella vita, fai conto. Le occasioni ti incalzano e si innescano l’una con l’altra, le opportunità si susseguono e mentre ne cogli una sei già preso dalla sua evoluzione, tendi alla successiva. Hai appena ottenuto quel posto e già scalpiti per la carriera, oppure hai appena superato un esame e già pensi al prossimo. Ma così non puoi cogliere tutto quello che hai intorno: un'alba, ad esempio, perché già pensi al tramonto, e neppure il tramonto, perché sei già in attesa dell'alba. Tu passi velocemente e le cose che si avvicinano man mano si sfocano, quelle che si allontanano, dietro, neppure le vedi, perché tu guardi avanti. Se invece ti fermi, magari riesci a mettere a fuoco e ti accorgi di quanto è importante una cosa che hai già, senza doverla rincorrere. Puoi compiacerti, centellinare le sensazioni, prenderne consapevolezza. Ogni tanto bisognerebbe fermarsi!"

Piero riflette, ma subito scuote la testa e risponde: "No, a darti retta non avrei mai aperto una via!"

Una pausa, per elaborare il concetto, e aggiunge: " Devi sempre cercare altri appigli, per progredire! Quando arrampichi non c'è il passato e non c'è il futuro. C'è qualcosa che hai dentro, che si attiva mentre fai il movimento. E' dell'azione che sei consapevole, proprio su quell'appiglio e in quel momento. E subito dopo, se vuoi progredire, c'è un altro appiglio ed anche quello è "al presente", perché ti muovi in condizione di perenne scoperta. Che vuoi scoprire, se una via l'hai già fatta?

-o-

Sono trascorsi quindici giorni e siamo di nuovo alle prese con un'altra via nuova e con un'altra parete, al Moneta.

Piero s'è alzato già di otto metri e mentre io lo “assicuro” dal basso lui sta sistemando un fisher alla base di un tetto.

Due ragazzi che scalavano nella vicinanza mi si avvicinano e chiedono: "E' Bini quello?" Poi si mettono ad aspettare che scenda, per fotografarsi con lui.

Uno domanda: "Sta “aprendo”?"

"Eh già", rispondo, "naturalmente."

Poi Pierluigi viene giù a riposarsi, si fa amicizia e si scattano fotografie.

L'altro ragazzo gli chiede: "E come la chiamerete, la via?"

"Ah non lo so", dice Piero, "Ancora non ci poniamo il problema. Poi, quando l'avremo finita... L'importante era “aprire”!"

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